In un’epoca di iper-connessione, in cui basta aprire l’app di un social per affacciarci al mondo, uno degli stati più temuti e più diffusi, specie tra i giovani, è la solitudine.
Secondo una ricerca in 142 Paesi del mondo condotta dalla Gallup, uno dei più importanti centri al mondo per le ricerche statistiche, circa un quarto della popolazione mondiale si sente sola, ma la cosa che sorprende è che nella popolazione over 65 il tasso di solitudine è del 17% mentre nei giovani tra i 19 e i 29 anni sale al 27%.
“Nel dolore si è soli, nella paura si è soli:
la solitudine è un’esperienza individuale”.
– Giorgio Nardone
Non sempre il grado di intensità con cui ci sentiamo soli è lo stesso: possiamo sentirci soli qualche volta oppure possiamo sentirci soli costantemente. Nel primo caso, secondo il professor Nardone, possiamo impiegare quel momento per migliorare il nostro stare con gli altri. Invece, la solitudine costante è disperante, una vera e propria agonia, tant’è vero che attraversa tutte le psicopatologie: è parte integrante della depressione, della paranoia persecutoria, ma anche di patologie in cui apparentemente non c’è. È il caso di chi soffre così tanto che, non riuscendo a stare mai da solo, cerca costantemente compagnia.
A ognuno di noi è successo almeno una volta di sentirsi solo in mezzo alla gente. Può capitare persino di avvertire la solitudine proprio quando stiamo insieme alle persone che ci amano. Ciò avviene perché sono le persone che non amiamo più, che non stimiamo più o che ci hanno fatto del male. Così, percepiamo la loro presenza come un peso e l’assenza di qualcun altro come fonte di disperata solitudine.
“Si resiste a stare soli finché qualcuno soffre di non averci con sé,
mentre la vera solitudine è una cella intollerabile.”
– Cesare Pavese
Nel mondo statunitense, in cui tutto è fondato sull’idea che è l’ambiente che ci plasma attraverso i condizionamenti che determinano la nostra vita, è radicato il pensiero che per superare la solitudine basta stare con le persone che ci stanno più simpatiche, espandendo il nostro sé e cercando di essere propositivi. Ma in questi periodi di solitudine interiore, in cui siamo isolati e depressi con nessuno accanto, riusciamo davvero a pensare positivo? La verità è che cercare una soluzione alla solitudine incrementando le relazioni esterne crea un effetto paradosso: sforzandoci di aprirci all’esterno, rischiamo di sentirci ancora più inadeguati, ancora più soli, esasperando il senso di solitudine.
Un paradosso simile a quello che vivono i giovani pur nella costante connessione con i social: l’iper-connessione e l’iper-contatto niente possono contro la solitudine. Come abbiamo visto in un precedente articolo attutiscono sul momento, ma subito dopo aumentano quella sensazione. Come mai? Perché tra un contatto e un altro sono disperatamente soli. Ed è il motivo per cui questa iper-connessione amplifica la solitudine.
Il paradosso della solitudine – afferma Nardone – è che “dobbiamo imparare a stare da soli per imparare a stare con gli altri e imparare a stare con gli altri per imparare a stare da soli”.
Quante volte ci sentiamo dire che dobbiamo imparare a stare da soli e ci chiediamo il senso di questa frase? Ha a che fare con la capacità di convivere con i nostri soli pensieri? Le persone che ce la fanno come passano il tempo e come occupano produttivamente la mente quando sono soli?
La risposta, secondo il professor Nardone, è che quanto più impariamo a stare da soli, coltivando noi stessi – perché soltanto nella solitudine riusciamo a migliorare alcune nostre prerogative o a scoprire nuove risorse – tanto più sapremo prenderci cura degli altri, superando qualunque solitudine. È solo quando facciamo stare bene gli altri con noi che ne usciamo davvero, perché a quel livello di interazione positiva sono gli altri che cercano di avere una relazione con noi e ciò avviene perché li facciamo stare bene.
Si tratta di un’interazione di sano egoismo, non di altruismo. È un gioco in cui tutti diventiamo complici del non sentirci soli, pur sapendo stare da soli. Al contempo, proprio grazie al fatto che viviamo quegli attimi di interazione intima con gli altri, possiamo accettare di stare da soli, per entrare in compassione con noi stessi.
Continueremo a parlare di strategia nelle interazioni in uno dei corsi che il professor Giorgio Nardone farà insieme a Life Strategies. Scopri il prossimo corso cliccando qui!