Rimanere sé stessi nel cambiamento

Rimanere sé stessi nel cambiamento

A cura di Life Strategies

In un articolo precedente, abbiamo parlato della mentalità del performer e delle caratteristiche che lo contraddistinguono, soprattutto nel momento in cui è necessario superare sfide e ostacoli che mettono a dura prova la motivazione.

Il parallelo con gli atleti e i grandi performer è utile anche per capire come gestire il cambiamento e superare tutte quelle barriere che spesso ci impediscono di ottenere non solo il meglio da noi stessi, ma anche di mettere in pratica tutte quelle piccole “trasformazioni” che possono incidere positivamente sulla nostra vita.

Cambiare senza snaturarsi

Il concetto di cambiamento è spesso associato a immagini dirompenti, al voltare pagina per ricominciare da zero e scrivere un nuovo capitolo. In altri casi, invece, è la perfetta combinazione di crescita e adattabilità: un percorso che si sviluppa nel corso del tempo, attraverso un perfezionamento costante basato su step che si susseguono in maniera anche consequenziale.

Non a caso, i performer rimangono sé stessi pur cambiando continuamente. Questo è, tra l’altro, un adagio particolarmente radicato nella filosofia orientale: cambiare senza snaturarsi. La propensione al cambiamento, all’affrontare nuovi schemi di pensiero e di comportamento non devono mai alterare la nostra essenza, ma devono, anzi, sintonizzarsi con la nostra natura. Quest’ultima non deve mai essere forzata, ma guidata. E contemporaneamente, bisogna essere flessibili e adattabili, cambiare tutto ciò che è intorno e sapersi adattare alle esigenze.

Come osserva il professor Giorgio Nardone, “l’adattamento permette a ciò che rimane costante di rafforzarsi ed evolversi”. Per atleti, artisti e manager, questo è il modo per superare schemi fissi e modalità ripetitive quando non portano più risultati e devono essere cambiati. Questa è una delle cose più difficili da insegnare e da imparare, perché il nostro cervello è programmato per creare e mantenere schemi, resistendo al cambiamento per una sorta di “economia mentale”. È molto più difficile correggere un difetto che creare una nuova attitudine da zero.

La ricerca della perfezione del gesto

Il nostro cervello, inoltre, rifiuta gli stimoli dolorosi. Quindi, se ci sottoponiamo a un allenamento estremamente faticoso, il nostro cervello si rifiuterà di ripetere quella prestazione al meglio. È quindi controproducente tentare di indurre forzatamente un cambiamento o una nuova abitudine. Gli sforzi profusi non solo sarebbero frustranti, ma persino vani. Ciò che occorre ricercare è la sensazione del gesto che viene compiuto perfettamente e ripeterlo una, due, tre volte. Avvertire quella sensazione e poi interrompersi, per fare altro. Questa sensazione positiva rimarrà in noi e ci permetterà di riprodurla quando serve.

Pensiamo, ad esempio, agli studenti che non riescono a progredire con l’apprendimento di una materia, che studiano e ripetono a voce alta senza sosta. Questa tecnica, ripetuta in maniera quasi ossessiva, non produrrà mai risultati, se non è accompagnata anche da una sensazione positiva che associa a quell’atto il senso concreto e più alto del conoscere nuovi concetti e argomenti.

Si tratta, quindi, di educare l’incoscienza attraverso un processo pianificato. Cercare la sensazione e non l’apprendimento per fatica, perché il cervello rifiuta quest’ultimo.

Conoscere a applicare l’arte e la scienza della performance significa unire cose, spesso lontane dal senso comune e dalle pratiche rigorosamente scientifiche o amatoriali. Per questo, è importante lavorare con strategie, stratagemmi e tecniche sperimentate sul campo e validate empiricamente.

Questi temi saranno al centro dei corsi di Life Strategies, con il professor Giorgio Nardone. Scopri il prossimo appuntamento, cliccando qui!

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