La regola del 50-50 nelle relazioni

In un’epoca di maghi illusionisti e falsi dei era molto difficile, per chi sentiva la spinta verso la trascendenza, trovare qualcosa di autentico. Per autentico intendo un messaggio che parta dal cuore, senza fini manipolativi. All’inizio di questa ricerca dell’autenticità, ci si imbatteva spesso in queste figure, che sono molto ben ancorate al potere e sanno padroneggiare perfettamente le tecniche di manipolazione e di illusionismo. In apparenza poteva sembrare di ricevere da costoro contenuti autentici, finalizzati alla scoperta di Sé. Gli alchimisti cercavano la trasmutazione del piombo in oro. L’accostamento di questi due elementi era dovuto al fatto che sono separati da tre soli protoni. Il piombo, nero e di scarso valore, ne ha 82 e l’oro, luminoso e prezioso, ne ha 79, così vicini ma così lontani. Less is more.

I maghi usavano la chimica per stupire e suggestionare le masse, soprattutto i re, e si facevano passare per alchimisti, tanto sapevano che la maggior parte delle persone non si sarebbe accorta della differenza. La voglia di entrare in contatto con qualcosa di così vero e potente li rendeva ciechi ai segnali evidenti di manipolazione. Pochi si accorgevano dell’inganno. Chi era ancorato alla verità erano gli alchimisti, che i maghi temevano perché sapevano che padroneggiavano quei trucchi meglio di loro e li potevano smascherare. I re erano facilmente accessibili per il loro attaccamento al potere, che i maghi sapevano come usare per corromperli. I veri alchimisti operavano in tutt’altro modo. La vera trasmutazione avviene dentro ciascuno di noi, quando riusciamo a trasmutare per esempio l’odio in amore.

 

È da qui che la metafora del piombo che diventa oro trae la sua origine. Il potere delle allegorie. Capendo la differenza tra un’allegoria e la realtà il concetto traspare. Quando questo accadeva era molto più difficile essere ingannati e finire sotto l’incantesimo di un mago illusionista. Si entrava in contatto con la vera magia, quella che ha origine dal nostro interno e che si fonda sull’amore. Le persone iniziavano ad essere ciò che sono e ritrovavano accesso al proprio potere personale ed è proprio così che potevano uscire dall’ipnosi collettiva in cui erano stati indotti nel processo di educazione o, come lo chiama Igor Sibaldi, di adulterazione, tipico anche dei giorni nostri. L’adulto è un essere adulterato, forzato a uscire dal suo potere per delegarlo a chi ha provocato l’induzione ipnotica di cui sopra. Un chiaro esempio è stato Gesù. Ha prima smascherato i falsi profeti nel loro tempio, che poi è crollato, per mostrare la via per trovare il maestro in se stessi. Su questo non era d’accordo con Giovanni Battista, nonostante si fosse fatto battezzare da lui. Quest’ultimo predicava l’arrivo di un Messia e la necessaria purificazione in attesa del suo avvento.

Oggi qualcosa è cambiato, il livello di consapevolezza collettivo si è elevato. Qualcuno parla di cambio vibrazionale della terra, come David Icke, altri di massa critica, Gregg Braden per esempio. Fatto sta che non abbiamo più l’anello al naso. O meglio, sempre in meno lo hanno. Le persone sono più guidate dalla ricerca del vero, anche se non mancano gli illusionisti. Anche gli uomini di potere si sono resi conto che non è nel potere temporale che troveranno le risposte, ma nel potere che deriva dalla conoscenza di Sé. Il potere temporale può essere così messo al servizio del prossimo e finalizzato al benessere della collettività. Un proverbio indiano dice “Quando avrete abbattuto l’ultimo albero, quando avrete pescato l’ultimo pesce, quando avrete inquinato l’ultimo fiume, allora vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.” Io lo chiamo egoismo consapevole.

Partendo da questo presupposto, è possibile avere degli indizi per capire se siamo sulla “retta via”. Uno di questi coinvolge la comunicazione.

 

La regola del 50-50

Il popolo non è bue e non è vero quanto diceva Hobbes che homo hominis lupus. Da ciascuno si può avere qualcosa e a ciascuno si può dare qualcosa quando si percorre la strada della consapevolezza. In ciascun dialogo c’è un passaggio di informazioni da una parte all’altra. Del 100% di informazioni trasmesse, se ci si pone nei confronti dell’altro con l’atteggiamento 100-0 (io do e tu prendi) o 0-100 (io prendo e tu dai) ci si perde la possibilità di instaurare un rapporto di scambio. Nel primo caso serve umiltà e nel secondo stima di se stessi. Instaurare con qualcuno un rapporto 50-50 è meraviglioso. Si esce dai ruoli. In medio stat virtus. Funziona in ogni relazione. Affettiva, amicale, lavorativa. Ciò che si pensa di perdere lasciando la manipolazione è ben poca cosa rispetto a quello che si guadagna mantenendo l’altro nel suo potere e, anzi, collaborando ad aumentarlo. La stessa sproporzione che descriveva Pascal nella sua famosa scommessa. Questo concetto è molto collegato alla comunicazione empatica. Nella fase di dialogo attivo ci dev’essere anche una parte di ascolto che resta in accoglimento del contributo e della presenza dell’altro. Nella fase di dialogo passivo, au contraire, si deve mantenere la mente critica in funzione, per selezionare ciò che risuona e ciò che non lo fa. Si rischia, sennò, per i primi di sovrastare l’interlocutore – che diventa un passivo ascoltatore – perdendo il contributo che egli può dar loro e, dal lato dell’ascoltatore, di  subire passivamente il dialogo, senza restare in ascolto di ciò che è buono e giusto per lui.

 

Questo concetto è espresso molto bene nel libro La profezia di Celestino. Due persone si ritrovano per arricchirsi a vicenda e non per prendere qualcosa all’altro. Tante volte basta una chiave di lettura nuova per cambiamenti significativi. Con le giuste chiavi di lettura, molte cose diventano ovvie e, come diceva spesso Ludwig Van Beethoven, “Quando è ovvio per tutti, possiamo iniziare a lavorare”.

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