A cura di Life Strategies
In un precedente articolo, abbiamo visto quanto il tradimento possa divorare il nostro l’equilibrio, portando a volte a conseguenze estreme in cui il dubbio e la gelosia si impossessano patologicamente di noi.
Ma come funziona la gelosia?
Un sentimento piuttosto diffuso riguarda la cosiddetta “gelosia sana”, un’attenzione viva per il nostro partner, il quale percepisce che abbiamo paura di perderlo. È una dimostrazione di affetto che, se non deborda, può stimolare il rapporto senza comprometterlo.
Esiste invece una gelosia di tipo ossessivo, che non fa vivere bene né chi ne è oggetto né chi la sperimenta, poiché innesca un controllo continuo su ogni conversazione e atteggiamento.
Poi, ci sono casi di delirio paranoide, quelli in cui il geloso dà vita a una serie di illazioni persino ridicole. Questo accade quando, ad esempio, un determinato evento – anche sciocco e privo di significati ulteriori – viene interpretato come il segnale dell’avvenuto tradimento. Un comportamento di questo tipo può essere indotto da situazioni assolutamente quotidiane, come il dimenticare alcune cose o dal cadere di alcuni oggetti: “ecco ho rotto un vaso, significa che mi sta tradendo”.
È assolutamente ovvio che, in casi come questo, non esiste alcun nesso logico tra la reazione, le conclusioni che ne derivano e l’innesco che le ha scatenate.
Il dubbio patologico che si insinua, rafforzando l’intensità della gelosia, dà avvio a continue richieste di rassicurazione, generando un dialogo interiore ansiogeno e tossico.
Secondo Giorgio Nardone, che ha formalizzato il metodo del Problem Solving Strategico® anche in risposta a disagi come la gelosia ossessiva, questa è una situazione paradossale: il partner della persona gelosa inizialmente può anche fornire tutte le rassicurazioni richieste, ma a lungo andare può finire con l’allontanarsi dal partner, fino al punto di tradirlo.
È la “profezia che si autorealizza”: il paradosso per cui la persona che vive una patologia finisce, attraverso i suoi atteggiamenti, col creare proprio quella situazione che vorrebbe evitare a tutti i costi.
Quali sono le origini della gelosia?
Secondo Giorgio Nardone, la gelosia patologica e ossessiva può scaturire da diverse cause profondamente radicate nella psiche individuale.
Ad esempio, l’insicurezza personale, che spesso deriva da esperienze passate di rifiuto o tradimento. O una bassa autostima, che ci porta a dubitare del nostro valore e della stabilità delle relazioni che viviamo. Altri fattori possono includere disturbi di personalità, che ci inducono a percepire minacce anche dove non esistono, e problemi di fiducia, che possono essere esacerbati da precedenti esperienze negative in ambito affettivo.
Queste dinamiche interne possono renderci eccessivamente sensibili a qualsiasi segnale interpretato come una possibile infedeltà, scatenando reazioni estreme e irrazionali.
E se il problema è che qualsiasi situazione può scatenare la gelosia, l’inizio della soluzione risiede nel fatto che la reazione emotiva è sempre legata a una delle emozioni primarie (rabbia, paura o dolore). Proprio da questo, dalla reazione emotiva, secondo Nardone possiamo iniziare a lavorare per avviare la ristrutturazione cognitiva del problema. Cambiare la percezione delle situazioni che scatenano la gelosia contribuisce a ridurre la reazione stessa e prepara il terreno alla cosiddetta “prescrizione del sintomo”, che consiste nell’incentivare a esagerare consapevolmente il comportamento geloso in situazioni controllate per farne emergere l’assurdità e l’inefficacia. Alla prescrizione del sintomo farà poi seguito la tecnica dello “scambio di prospettiva”, in cui si sposta il proprio punto di vista per considerare la situazione da quello del partner, aumentando l’empatia e riducendo i conflitti.
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