Decisioni, sempre decisioni
Decisioni: le nostre vite ne sono piene, da quelle piccole e banali, come “cosa indossare o mangiare”, a quelle che cambiano la vita, come se sposarsi e con chi, che lavoro intraprendere e come crescere i figli.
Custodiamo gelosamente il nostro diritto di scegliere. È centrale per la nostra individualità: è la definizione stessa di libero arbitrio. Eppure, a volte prendiamo decisioni sbagliate che ci lasciano infelici o pieni di rimpianti.
Anche in un mondo in cui la nostra libertà è limitata da cause di forza maggiore (come le restrizioni e il distanziamento imposti dalla Pandemia) prendiamo decisioni ogni giorno e prendere buone decisioni richiede un equilibrio: occorre bilanciare le forze apparentemente antitetiche dell’emozione e della razionalità. Dobbiamo essere in grado di prevedere il futuro, percepire accuratamente la situazione presente, avere una visione profonda delle menti degli altri e affrontare l’incertezza.
La maggior parte di noi ignora i processi mentali che sono alla base delle nostre decisioni, ma fortunatamente ciò che psicologi e neurobiologi stanno scoprendo può aiutarci a fare scelte migliori. Qui riuniamo alcune delle loro numerose e affascinanti indicazioni, che possono essere utili per prendere una decisione.
1 – Non temere le conseguenze
Che si tratti di scegliere un’auto nuova o una casa più grande, o anche chi sposare, quasi ogni decisione che prendiamo implica prevedere il futuro.
Di solito immaginiamo come ci faranno sentire gli esiti delle nostre scelte e quali saranno le conseguenze emotive o “edoniche” delle nostre azioni. Razionalmente, di solito preferiamo l’opzione che pensiamo ci renderà i più felici in generale.
Questa “previsione affettiva” va benissimo… In teoria. L’unico problema è che non siamo molto bravi a metterla in pratica. Sovrastimiamo abitualmente l’impatto dei risultati delle decisioni e degli eventi della vita, sia positivi, sia negativi. Tendiamo a pensare che vincere alla lotteria ci renderà più felici di quanto non sarà in realtà.
“Le conseguenze edoniche della maggior parte degli eventi sono meno intense e più brevi di quanto la maggior parte delle persone immagini”, afferma lo psicologo Daniel Gilbert dell’Università di Harvard. Questo concetto è valido sia per eventi banali come andare in un ottimo ristorante, sia per eventi importanti come perdere un lavoro.
Un fattore importante che ci porta a fare previsioni sbagliate è “l’avversione alla perdita”: di fronte a un rischio, abbiamo sempre più paura di cosa andremo a perdere piuttosto che di cosa potremo guadagnare. Lo psicologo Daniel Kahneman della Princeton University ha scoperto, ad esempio, che la maggior parte delle persone non è disposta ad accettare una scommessa 50:50 a meno che l’importo che potrebbe vincere non sia circa il doppio di quello che potrebbe perdere. Eppure, Gilbert e i suoi colleghi hanno recentemente dimostrato che, anche se l’avversione alla perdita influisce sulle scelte delle persone, quando le persone “perdono” lo trovano molto meno doloroso di quanto si aspettavano (Psychological Science, vol 17, pag. 649). Lo attribuisce alla nostra sconosciuta resilienza psicologica e alla nostra capacità di razionalizzare quasi ogni situazione. “Siamo molto bravi a trovare nuovi modi di vedere il mondo che lo rendono un posto migliore in cui vivere”, dice.
E, allora, che fare? Piuttosto che guardarti dentro e immaginare come un dato risultato potrebbe farti sentire, prova a trovare qualcuno che ha preso in passato la tua stessa decisione e chiedigli cos’ha provato.
Ricorda anche che, qualunque cosa ti riservi il futuro, probabilmente ti farà male – o ti renderà felice – meno di quanto immagini. Infine, non essere sempre prudente: il peggio potrebbe non accadere mai e, in tal caso, possiedi la resilienza psicologica per affrontarlo.
2 – Segui il tuo istinto
Tendiamo a credere che, per prendere buone decisioni, ci voglia tempo: per soppesare sistematicamente tutti i pro e i contro delle varie alternative, ma a volte una scelta istintiva è altrettanta buona, se non addirittura migliore.
Nella nostra vita quotidiana, prendiamo decisioni giuste e rapide in merito alle persone di cui fidarci e con chi interagire. Janine Willis e Alexander Todorov, della Princeton University, hanno scoperto che, quando conosciamo una persona, esprimiamo giudizi sull’affidabilità, la competenza, l’aggressività, la simpatia e l’attrattiva di una persona entro i primi 100 millisecondi. E con un po’ più di tempo? I ricercatori hanno scoperto che difficilmente si rivede le proprie opinioni iniziali: diventiamo più sicuri nelle nostre decisioni rapide (Psychological Science, volume 17, pag. 592).
Naturalmente, quando conosci meglio qualcuno, si raffinano le prime impressioni. È ovvio che ulteriori informazioni possono aiutarti a prendere decisioni ben informate e razionali. Eppure, paradossalmente, spesso più informazioni si hanno e meglio sarebbe procedere d’istinto.
Il sovraccarico di informazioni può essere un problema in tutti i tipi di situazioni, dalla scelta di una scuola per un figlio, a quella di una destinazione per le vacanze.
In momenti come questi, potrebbe essere meglio evitare la scelta cosciente e lasciare invece la decisione al tuo cervello inconscio, come mostra una ricerca dello psicologo sociale Ap Dijksterhuis e dei suoi colleghi dell’Università di Amsterdam (Science, volume 311, p 1005).
3 – Tieni conto delle tue emozioni
Potresti pensare che le emozioni siano nemiche del processo decisionale, ma in realtà ne sono parte integrante.
Le nostre emozioni più elementari si sono evolute per consentirci di fare scelte rapide e inconsce in situazioni che minacciano la nostra sopravvivenza. La paura porta alla fuga o alla lotta, il disgusto porta all’evitamento. Eppure, il ruolo delle emozioni nel processo decisionale va molto più in profondità di queste risposte istintive.
Ogni volta che prendi una decisione, il tuo sistema limbico, il centro emotivo del cervello, è attivo. Il neurobiologo Antonio Damasio della University of Southern California di Los Angeles ha studiato persone con danni solo alle parti emotive del cervello e ha scoperto che erano paralizzate dall’indecisione, incapaci di fare anche le scelte più elementari, come cosa indossare o mangiare. Damasio ipotizza che ciò possa essere dovuto al fatto che il nostro cervello immagazzina ricordi emotivi di scelte passate.
Le emozioni sono chiaramente una componente cruciale nella neurobiologia della scelta, ma il fatto che ci permettano sempre di prendere le giuste decisioni è un’altra questione. Se provi a fare delle scelte spinto da un’emozione, questo può influire seriamente sul risultato.
Prendiamo ad esempio la rabbia. L’ antropologo evoluzionista Daniel Fessler e colleghi dell’Università della California, hanno scoperto che gli uomini, ma non le donne, giocano maggiormente d’azzardo quando sono arrabbiati (Organizational Behavior and Human Decision Processes, volume 95, pagina 107).
Un altro studio di Nitika Garg, Jeffrey Inman e Vikas Mittal dell’Università di Chicago ha scoperto che i consumatori arrabbiati sono più propensi a optare per la prima cosa che viene loro offerta piuttosto che considerare alternative.
Sembra che la rabbia possa renderci impetuosi, egoisti e inclini al rischio.
Anche il disgusto ha degli effetti interessanti. Il sentimento di disgusto, si vede dagli studi, porta alla cautela, in particolare nelle donne.
Tutte le emozioni influenzano il nostro pensiero e la nostra motivazione, quindi potrebbe essere meglio evitare di prendere decisioni importanti sotto la loro influenza.
Eppure, stranamente, c’è un’emozione che sembra aiutarci a fare buone scelte: la tristezza. Nel loro studio, i ricercatori di Chicago hanno scoperto che le persone tristi impiegano del tempo per considerare le varie alternative offerte e finiscono per fare le scelte migliori. In effetti, molti studi dimostrano che le persone depresse hanno la visione più realistica del mondo. Gli psicologi hanno persino coniato un nome: realismo depressivo.
4 – Fai l’avvocato del diavolo
Hai mai litigato con qualcuno su una questione vessatoria come l’immigrazione o la pena di morte e ti sei sentito frustrato perché ha attinto solo a prove a sostegno delle sue opinioni e ha opportunamente ignorato qualsiasi cosa contraria? Si tratta del bias di conferma (il bias di conferma è la tendenza a cercare, interpretare, favorire e richiamare le informazioni in modo da confermare o supportare la propria tesi o il proprio valore). Può essere esasperante riconoscerlo nelle altre persone, ma siamo tutti suscettibili ogni volta che soppesiamo le prove per guidare il nostro processo decisionale.
Il bias di conferma diventa un problema quando crediamo di prendere una decisione soppesando razionalmente le alternative, mentre in realtà abbiamo già un’opzione preferita che vogliamo semplicemente giustificare.
La nostra tendenza a sopravvalutare la misura in cui il giudizio degli altri è influenzato dal bias di conferma, mentre lo neghiamo in noi stessi, peggiora le cose (Trends in Cognitive Sciences, volume 11, pagina 37).
Se vuoi fare buone scelte, devi fare di più che aggrapparti a fatti e cifre che supportano l’opzione che già sospetti sia la migliore.
Cercare prove che potrebbero smentirti è un processo doloroso.
“Forse è sufficiente per rendersi conto che è improbabile che siamo veramente obiettivi”, afferma lo psicologo Ray Nickerson della Tufts University di Medford, nel Massachusetts. “È già una buona cosa anche solo riconoscere che questo pregiudizio esiste e che ne siamo tutti vittime”. Per lo meno, potremmo mantenere le nostre opinioni un po’ meno dogmatiche e scegliere con un po’ più di umiltà.
5 – Tieni d’occhio la palla
Le nostre decisioni e i nostri giudizi hanno la strana e sconcertante abitudine di attaccarsi a fatti e cifre arbitrari o irrilevanti.
È qui che entra in gioco il cosiddetto “effetto di ancoraggio”.
È probabile che l’ancoraggio si attivi ogni volta che ci viene richiesto di prendere una decisione basata su informazioni molto limitate: sembriamo più inclini ad aggrapparci alle irrilevanze e lasciare che queste influenzino il nostro giudizio.
Un esempio?
Rischiamo tutti di cadere nell’effetto ancoraggio ogni volta che entriamo in un negozio e vediamo una bella camicia o un vestito contrassegnato come “scontato”. Questo perché il prezzo originale funge da ancoraggio con cui confrontare il prezzo scontato, facendolo sembrare un affare anche se in termini assoluti è caro.
Cosa dovresti fare se pensi di soccombere all’effetto di ancoraggio? “È molto difficile da eludere”, ammette lo psicologo Tom Gilovich della Cornell University di Ithaca, New York. Una strategia potrebbe essere quella di creare le proprie àncore di contrappeso, ma anche questa ha i suoi problemi. “Non sai quanto sei stato influenzato da un’àncora, quindi è difficile compensare”, dice Gilovich.
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Parte di traduzione dell’articolo di Kate Douglas e Dan Jones, pubblicato nella rivista New Scientist.