A partire dall’immediato periodo di chiusura dettata dall’emergenza sanitaria del Covid-19, abbiamo letto tanti articoli sulle diverse tipologie di traumi e problematiche che stava comportando il lockdown e su quelle che avrebbero poi interessato le varie fasi, fino a quella attuale.
Usare una terminologia corretta e fare il punto della situazione possono agevolare una maggiore comprensione delle complicate dinamiche psicologiche che sono emerse via via in questo periodo storico senza precedenti. Per avere un quadro più chiaro, ci affidiamo agli studi dello psicologo e psicoterapeuta Giorgio Nardone, che vanta oltre trent’anni di attività terapeutica e più di trentamila casi trattati con successo e che terrà il suo nuovo seminario in diretta streaming sabato 5 Settembre (puoi richiedere informazioni senza impegno scrivendo a questa mail: seminari.nardone@lifestrategies.it).
Disturbo Post Traumatico da Stress
Durante l’isolamento, si è parlato spesso di disturbo post traumatico che, come dice il nome stesso, si presenta, in genere, a trauma finito. Per molti, invece, il disturbo si è generato fin da subito, soprattutto per chi si è trovato a vivere l’emergenza in prima linea, come il personale sanitario, per chi ha contratto il virus e per chi ha subito un lutto. Infatti spesso si è parlato, in maniera collettiva, di Disturbo Post Traumatico da Stress quando ancora non si prospettava ancora lontanamente un ritorno alla normalità.
Il Disturbo da attacchi panico e angoscia da Covid-19
Un altro disturbo, spesso citato fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, è quello del Disturbo da attacchi panico, detto anche PA/s o PD/sUn, di cui Giorgio Nardone è uno dei maggiori esperti. Il PA/s ha a che fare con una paura contro la quale possiamo comunque combattere. Certo, si può perdere, ma un’altra cosa è tentare di combattere contro un nemico di fronte al quale siamo disarmati, più che di panico e di ansia si potrebbe parlare di angoscia.
“L’angoscia è sentirsi condannati a combattere contro qualcosa con il quale sentiamo di perdere.”
– Giorgio Nardone
Aiutare le persone a superare l’angoscia, a gestirla prima di tutto, richiede tecniche completamente diverse da quelle del trattamento dell’ansia o del panico di un disturbo post traumatico.
L’angoscia, quando non ancora invalidante, è qualcosa che si dovrebbe canalizzare e veicolare, non rifiutare. La chiave, spiega il prof. Nardone, è dare all’angoscia un piccolo spazio quotidiano, per incanalarla tutta in quello spazio, in modo tale da riuscire ad avere – al di fuori di lì – maggiore lucidità e capacità di gestire le cose.
La paura del contatto interpersonale
Un altro tema affrontato dallo specialista è quello del ritorno al contatto interpersonale. Anche se siamo usciti dalla situazione di isolamento, non abbiamo ripreso a pieno lo stile di vita precedente e il distanziamento sociale è ancora imposto e necessario al contenimento del virus.
Al tal proposito, Nardone spiega come ci sia “il segno di una condizione di angoscia reiterata nel tempo che lascia una ferita, per cui la maggioranza delle persone avrà il problema di riattivare un contatto perché sentirà una sorta di condizionamento reiterato”.
Quello che sostiene lo psicologo, e che in tanti stiamo già notando, è che molti di noi hanno avvertito – o avvertono tuttora – una sorta di campanello d’allarme, che scatta ogni qualvolta ci avviciniamo troppo alle altre persone. Per Giorgio Nardone, in questo caso, sarà necessario far leva proprio sulla paura, senza evitarla. Già in un precedente articolo abbiamo visto che l’evitare le situazioni che si temono può diventare una piscotrappola che noi stessi ci costruiamo. Già gli antichi sumeri avevano scritto: “La paura guardata in faccia si trasforma in coraggio, la paura evitata diventa timor panico.” Le persone andranno guidate gradatamente a riprendere fiducia nel contatto con l’altro attraverso la tecnica della peggiore fantasia.
La tecnica della peggiore fantasia
La tecnica della peggiore fantasia rappresenta a tutti gli effetti un paradosso: più un individuo si spaventa, più alimenta la sua paura; più viene alimentata la paura, più questa si trasforma in qualcosa che collassa su se stessa. Si tratta, allora, di “spegnere il fuoco aggiungendo la legna”, come dicevano i cinesi.
La paura si inibisce portandola agli estremi.