Stiamo utilizzando bene il termine “empatia”?

empatia

Cosa accade quando si è circondati, come lo siamo oggi, di immagini di persone che soffrono? Quando veniamo bombardati di frasi d’odio, quando l’indifferenza, la superficialità prendono il sopravvento su tutto? Nel libro Davanti al dolore degli altri, la scrittrice e intellettuale statunitense Susan Sontag analizza le riflessioni sulla guerra del 1938 di Virginia Woolf. La Woolf si domandava come fosse possibile non provare sentimenti di dolore di fronte alle orride immagini del conflitto e Sontag giungeva alla conclusione che non si trattasse di una questione di brutalità. “A mancarci – scriveva Sontag – “è l‘immaginazione, l‘empatia: non siamo riusciti a fare nostra questa realtà”. Una frase che, al di là del complesso dibattito sul potere delle immagini e sullo strumento della fotografia di cronaca di guerra, ci fa riflettere a fondo.

Un “abuso” del termine empatia?

Un recente articolo del Corriere della Sera evidenzia come “la frequenza delle ricerche su Google per la parola empatia è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni.” Quasi come se fosse diventata una moda, definirci empatici fa onore. La verità è che, nonostante molti di noi amino definirsi persone empatiche, l’empatia è difficile e complessa, perché ha a che fare con moti interiori molto delicati e con il rapporto più vulnerabile che possiamo avere con gli altri e con noi stessi. Una persona empatica ha la capacità di entrare in punta di piedi nell’animo altrui, è pronta a porre una domanda con delicatezza, è disponibile a scoprirsi, non dà mai per scontato di sapere qualcosa, non distoglie lo sguardo quando l’emozione diventa più intensa. Theresa Wiseman, professoressa clinico di ricerca sulla salute applicata alla cura del cancro, studiando diverse professioni, ha notato quattro attributi dell’empatia:

  1. La capacità di cambiare punto di vista, abbracciando quello altrui
  2. L’assenza di giudizio
  3. Riconoscere le emozioni dell’altra persona
  4. La comunicazione.

La dott.ssa Brené Brown, docente di ricerca presso l’Università di Houston, nel sottolineare la differenza con la compassione, ha illustrato cos’è l’empatia:

“È una scelta ed è una scelta vulnerabile, perché per entrare in contatto con te devo entrare in contatto con qualcosa dentro di me che conosce questi sentimenti.”

Entrare in empatia con qualcuno richiede una totale e intima partecipazione e immedesimazione: accogliere l’intimità altrui significa prima di tutto imbattersi nella propria intimità. Di fronte a un amico, a un collega o anche a un estraneo che ci chiede supporto, anche solo con lo sguardo, ciò che tendiamo a fare il più delle volte è dare il nostro giudizio oppure pronunciare frasi all’apparenza consolatorie, come ad esempio “Almeno…”. La persona che sta cercando di entrare in connessione con noi non ha bisogno di sapere qual è il minore dei mali o di guardare il lato positivo. Come spiega Brown, “raramente una risposta può migliorare le cose, ma può farlo la connessione

Una qualità dell’Anima troppo importante

Stupenda la definizione che ne dà Lucia Giovannini, PhD in Psychology and Counselling e membro dell’American Psychological Association, nel suo libro Le Vie dell’Anima, edito da Roi Edizioni: empatia è

“entrare in punta di piedi nel mondo emotivo altrui per sentirlo come se fosse nostro, è una finestra sull’anima che si spalanca senza riserve, un accesso privilegiato al cuore di chi ci concede questo onore. Per entrare in empatia con qualcuno non basta ascoltarlo o comprenderlo solo con la mente, è necessario comunicargli la nostra presenza con tutto il nostro essere, quindi anche con il corpo e lo spirito. […] L’empatia scioglie i ghiacci, sgretola le barriere e costruisce i ponti sui quali si incontrano le persone.”

Ora, il nostro desiderio e augurio è che ognuno di noi possa trovare in queste domande, proposte da Lucia Giovannini, un primo passo verso una più profonda consapevolezza nei confronti di questa qualità così preziosa che, in un mondo così ostile, dovremmo tutelare come un fiore raro. 

  • Cosa significa empatia per te?
  • Che interpretazione dai a questa parola? Cosa credi, pensi, senti a proposito della tua capacità di essere empatico?
  • Cos’hai imparato da piccolo sull’empatia? L’hai mai sperimentata? In quali occasioni l’hai offerta e ricevuta?
  • Come ti parla questa qualità, cosa ti dice di te?
  • Quando, in passato, ti sei sentito molto empatico?
  • Com’è presente l’empatia nelle diverse aree della tua vita?
  • Nel tuo team di lavoro?
  • Perché è importante?
  • Come cambierebbero le cose se fossi più empatico in questo momento della tua esistenza?
  • Come cambierebbero le tue relazioni?
  • Come cambierebbero le tue relazioni di coppia, in famiglia, nell’amicizia e sul lavoro?
  • Come cambierebbe il tuo lavoro?
  • Come cambierebbero le tue finanze?
  • Come cambierebbe la tua salute?

 

Per poter rispondere a domande così importanti per la nostra vita, è fondamentale fermarsi un attimo e guardare dentro noi stessi, imparando a contattare l’essenza profonda che vi risiede per riscoprire finalmente la qualità dell’empatia. 

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