Quando l’amore scivola nel disamore: come tenere viva la coppia nel tempo

Quando l'amore scivola nel disamore: come tenere viva la coppia nel tempo

Parlare d’amore è semplice, viverlo no. Spesso iniziamo una relazione con un entusiasmo travolgente, convinti che basti la passione a tenere insieme due persone, ma poi, a poco a poco, lo slancio si affievolisce. Non c’è più la stessa urgenza di vedersi, il desiderio lascia spazio alla routine e quello che prima era un “ballo a due” finisce per essere una convivenza meccanica, dove l’altro diventa una presenza accessoria e non più un valore aggiunto alla nostra vita.

È un passaggio silenzioso, quasi impercettibile, che spesso viene scambiato per la naturale evoluzione delle cose. Col tempo, conoscere profondamente l’altro può trasformare l’interesse iniziale e la scoperta reciproca in prevedibilità, e la relazione rischia di scivolare in una monotonia silenziosa e apatica. Ed è proprio lì che si insinua il vero nemico dell’amore: il disamore, quella sottile forma di distacco fatta di noia, mancanza di complicità e desiderio spento.

Cercare ciò che funziona, non il colpevole

A questo punto, ci si chiede spesso dove si sia rotto qualcosa, o se sia possibile tornare indietro. Tuttavia, come ci ricorda Giorgio Nardone, psicologo e psicoterapeuta che ha trattato con successo oltre 30.000 casi di pazienti affetti dalle più invalidanti forme di psicopatologia, la chiave non è tanto cercare “dove” si è sbagliato, ma guardare cosa funziona.

Indagare il disamore, infatti, significa spesso perdersi in un labirinto di problemi, mentre volgere lo sguardo verso l’amore che resiste permette di comprendere cosa davvero tiene viva una coppia nel tempo. Osservando da vicino le relazioni che funzionano, scopriamo che “l’amore felice” non è frutto del caso, e nemmeno di assenza di litigi, bensì di comportamenti quotidiani, piccoli e costanti, capaci di rafforzare il legame. Tre in particolare, secondo il prof. Nardone, fanno la differenza.

Il corteggiamento continuo: nutrire l’amore ogni giorno

Siamo soliti pensare che il corteggiamento riguardi solo le prime fasi della conoscenza del partner, però la realtà è ben diversa. Il corteggiamento è una competenza relazionale che va coltivata quotidianamente, perché per nutrire l’amore non basta la gentilezza superficiale o il semplice accondiscendere, servono attenzione, cura e quella delicatezza fatta di gesti, sguardi che comunicano all’altro “ti vedo ancora”. Non si tratta di un capriccio romantico, ma di un fatto concreto e biologico: il nostro cervello si abitua agli stimoli, e ciò che è costante perde la sua intensità, così i sentimenti.

Per questo motivo, anche nelle relazioni più solide, è importante creare momenti di assenza e distanza poiché, secondo la legge del contrasto, è proprio quando uno stimolo viene meno che lo si percepisce con più intensità quando ritorna. Come osserva Nardone, “l’amore ha bisogno di spazio, non solo di calore” e questo spazio personale all’interno della coppia non implica un distacco emotivo, bensì cura di se stessi sia del proprio aspetto, delle proprie passioni e della propria curiosità. Perché chi smette di dedicarsi a sé smette, in un certo senso, di corteggiare e di lasciarsi corteggiare, rendendo la relazione meno viva e stimolante.

Essere alleati nella quotidianità e nella tempesta

La complicità in una relazione non consiste nel cercare di essere sempre d’accordo o nell’evitare i conflitti, ma nella capacità di rimanere alleati anche quando si è in disaccordo. Queste coppie sviluppano un’intesa che permette di essere diversi senza diventare distanti, di confrontarsi e scontrarsi senza che ciò comprometta la connessione di fondo. Il legame attivo che si costruisce, genera uno spazio sicuro in cui entrambi possono esprimere desideri, paure o disaccordi, sapendo che non metteranno a rischio il rapporto.

Coltivare la complicità, quindi, significa riconoscere ogni giorno il valore dell’alleanza, prestare attenzione ai segnali dell’altro e proteggere la relazione dalla monotonia e dalla distanza emotiva, mantenendo vivo quel filo sottile che rende possibile affrontare insieme le difficoltà senza perdere la vicinanza autentica.

L’individualità è ciò che fa la coppia

Infine, la terza componente che rende l’amore felice e duraturo è l’esclusività della relazione, intesa non come l’assenza assoluta di défaillance o di attrazione per altri, ma come la capacità di preservare un legame che, nonostante le inevitabili intemperie della vita, si mantiene saldo, vitale e orientato alla continuità.

Questo tipo di esclusività non pretende di cancellare l’individualità dei partner, bensì la rafforza, poiché solo chi possiede una propria identità può scegliere consapevolmente, giorno dopo giorno, di condividere la propria vita con l’altro senza confondersi né dissolversi in esso. Le coppie che riescono a coltivare questa forma di alleanza costruiscono un confine chiaro e protettivo attorno al loro spazio comune, difendendolo dalle interferenze esterne – come le pressioni delle famiglie d’origine, le abitudini paralizzanti o le relazioni di comodo – che tendono a insinuarsi quando la distinzione tra “noi” e “gli altri” si fa labile e incerta.

Tuttavia, quando prevale in modo eccessivo la complementarità, il legame rischia di trasformarsi in una relazione di dipendenza o di squilibrio – la classica dinamica “vittima-carnefice” – mentre, se domina esclusivamente la simmetria, si scivola verso una convivenza parallela, in cui ognuno vive chiuso nel proprio mondo, riducendo progressivamente l’intimità e la connessione affettiva. L’esclusività matura nasce dunque dalla capacità di oscillare con equilibrio tra questi due poli, trovando nell’alternanza la linfa che rende l’amore non solo una scelta, ma una costruzione quotidiana di libertà condivisa.

C’è speranza se siamo già nel disamore?

La prima verità da accettare è che non tutte le relazioni possono essere salvate.

Per Giorgio Nardone, una relazione ha la possibilità di ripartire solo se rimane almeno una delle componenti essenziali dell’amore felice: desiderio, complicità, esclusività o corteggiamento. Anche una sola scintilla può diventare il punto da cui ricostruire tutto il resto, ad esempio se il desiderio si è affievolito ma la complicità e il rispetto reciproco resistono, è possibile riaccendere la passione, creare nuovi spazi di vicinanza e riportare lo stupore nel quotidiano. Se invece rimane ancora passione, ma mancano fiducia ed esclusività, il lavoro sarà tutto sull’alleanza di coppia, sul riaffermare la centralità dell’altro nella propria vita.

Il vero problema emerge quando nessuna di queste componenti sopravvive e a tenere insieme la coppia è solo la paura della solitudine, l’abitudine o la comodità. In tal caso, restare insieme significa pianificare un fallimento emotivo che non fa altro che alimentare il risentimento, spegnere ulteriormente il desiderio e bloccare la crescita personale di ciascuno. Riconoscere il proprio stato richiede coraggio perché significa guardare in faccia la realtà e ammettere che il legame ha perso la sua energia vitale, un passo doloroso e necessario che può aprire la porta a un cambiamento autentico, e a volte lasciare andare una relazione che non funziona più diventa il gesto più sincero di cura sia verso se stessi sia verso l’altro.

Continueremo ad approfondire le tecniche per superare quei problemi che, in apparenza, ci sembrano irrisolvibili in uno dei prossimi corsi con il professor Giorgio Nardone. Scopri gli appuntamenti di cui sarà protagonista cliccando qui!

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