Perché non facciamo ciò che dovremmo?

Perché non facciamo ciò che dovremmo?

Contrariamente a quanto si possa immaginare, la capacità di andare oltre noi stessi non ha a che fare solo con le performance atletiche o manageriali (ne abbiamo parlato in un precedente articolo) ma, più in generale, con tanti momenti della nostra vita quotidiana, quando siamo chiamati ad uscire dai limiti che il più delle volte ci auto-imponiamo per proteggerci e rassicurarci.

Elevare noi stessi oltre i nostri limiti significa impegnarsi, affrontare le fatiche e i dolori, anche ciò che ci fa soffrire di più.
È una propensione che va nel verso opposto rispetto ai trend di questi ultimi due decenni, in cui si cerca invece di narcotizzare il dolore: basti pensare che negli Stati Uniti la più importante forma di tossicodipendenza è l’uso di farmaci pain-killer (come gli antidolorifici), che vengono prescritti legalmente divenendo la forma di droga più importante rispetto a cocaina, eroina e crack.

Come afferma il Professor Giorgio Nardone, psicologo e psicoterapeuta, nonostante sia una delle nostre 4 emozioni primarie, il dolore è l’emozione più rifiutata all’interno della società del benessere, ma questo ci rende sempre più fragili perché senza sofferenza non è possibile costruire la resilienza, la capacità di resistere agli urti e di nutrire una piena fiducia nelle nostre risorse.

“Nel 2000 – spiega lo psicologo – gli attacchi di panico furono dichiarati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il disturbo più importante al mondo perché colpiva il 20% della popolazione mondiale, toccando in modo democratico tutti i ceti sociali. Oggi la percentuale è aumentata del 50% generando un quadro in cui i disturbi d’ansia da panico colpiscono oltre il 30% della popolazione mondiale: stiamo andando proprio nella direzione opposta
al fatto di andare oltre se stessi”.

Più che la paura che è un’emozione sana, secondo Andrea Fontana, docente, scrittore e sociologo della comunicazione, è l’angoscia che dobbiamo saper elaborare per non entrare in un loop negativo da cui è difficile uscire. Per evitare di caderci, dobbiamo ricorrere all’auto-osservazione e applicare gli insegnamenti che ci sono stati dati dalla pandemia e dal lockdown, periodo durante il quale abbiamo dovuto guardare più scenari contemporaneamente preparando piani A, B e C.

Ma perché, al di là dei momenti estremi, è così difficile superare i nostri limiti?

Perché la nostra mente, per come funziona a livello paleo-encefalico, se identifica una pratica come troppo faticosa o dolorosa, la codifica come qualcosa da cui difendersi.

Ne consegue che un allenamento efficace deve essere fatto non ricercando lo stremo della fatica, le ripetizioni esasperate, ma la sensazione del gesto perfetto: è quel gesto che va cercato e, una volta fatto bene, va ripetuto solo due o tre volte per sedimentare la sensazione positiva che rimarrà impressa nella mente.

Le neuroscienze moderne, del resto, ci dimostrano che oltre l’80% delle nostre attività mentali migliori avviene sotto al livello della coscienza: le quattro emozioni primarie (paura, dolore, piacere e rabbia), definite come “competenze senza comprensione” dal filosofo di Harvard Daniel Dennett, rappresentano la nostra capacità di adattamento più efficace alla realtà. Sono quelle che dobbiamo coltivare e allenare, perché senza coltivare questa parte le prestazioni elevate vengono dimenticate.

Ad esempio, non facciamo una cosa perché:

  1. ci blocca, perché ci fa sentire la paura
  2. oppure ci ottenebra perché di fronte alla frustrazione siamo in preda alla rabbia
  3. oppure di fronte a un dolore, sentiamo che la stessa emozione ci può far male e non vogliamo ripetere quell’esperienza sensoriale
  4. o ancora di fronte a uno stimolo piacevole siamo sedotti

Per aumentare le prestazioni, quindi, dobbiamo imparare a gestire le emozioni che lavorano al di sotto della coscienza, con quella che Giorgio Nardone chiama un’educata incoscienza, uno stato alterato di coscienza che corrisponde, guarda caso, a quella che viene definita con un termine molto affascinante “trance agonistica”.

Continueremo ad approfondire il tema delle alte prestazioni in un corso di un’intera giornata insieme a Giorgio Nardone. Dimostrazioni pratiche con i partecipanti, esercitazioni e interazioni con domande sui temi dell’alta performance e su come sbloccare le psicotrappole che ci costruiamo da soli.

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