Lo stesso copione in tutte le relazioni: la storia di Bernard

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Bernard si era sposato a ventisette anni, “per lo più perché era normale essere sposati alla sua età” (una frase che abbiamo sentito spesso). Fin dal primo periodo, aveva cercato in tutti i modi di piacere alla moglie. Nonostante tutti i suoi sforzi, la donna continuava a cercare la vicinanza della famiglia: trascorreva molto tempo dai genitori e, quando stava a casa, erano i genitori a stare da lei. Il risultato fu che presto Bernard ebbe la sensazione di sentirsi un estraneo a casa propria. Con il passare del tempo, l’uomo cominciò a credere fortemente che per la moglie fosse soltanto colui che provvedeva ai bisogni familiari, a pensare di non ricevere il giusto apprezzamento, di non contare e di non avere un posto rilevante nel suo cuore. 

Dopo diciassette anni, il matrimonio finì. Non finì, tuttavia, il desiderio e la speranza di Bernard di trovare una partner in grado di ricambiare le sue attenzioni e il suo amore. 

Tempo dopo, a un corso di crescita personale, Bernard fece l’incontro di Céline. Era dinamica, entusiasta, con una notevole apertura mentale. Bernard si sentiva fortemente attratto da lei e in lei ripose molte speranze, soprattutto per il fatto che la donna tenesse così tanto alla crescita personale e al miglioramento dell’interiorità. Considerava questo fatto come una sorta di garanzia. Si dichiarò subito e, anche se avrebbe preferito frequentare Céline con più calma, lei lasciò la famiglia, l’impiego, la casa e si trasferì immediatamente dal nuovo compagno. Come spesso accade nei casi di dipendenza affettiva, Céline si era impegnata frettolosamente perché temeva di perdere una persona che aveva provato interesse per lei. 

Nacque presto una bambina, che portò tanta gioia nel cuore del nostro protagonista. Una gioia che, purtroppo, non fu destinata a durare a lungo: Céline cominciò a dedicare tutta se stessa al lavoro, finendo per diventare una figura totalmente assente nella coppia e nella genitorialità. Bernard si ritrovò così a coprire sia il ruolo di padre, sia quello di madre e, quando la situazione divenne insostenibile, cercò di parlargliene per trovare una soluzione, ma tutto ciò che avvertiva era che, proprio come la sua prima moglie, Céline non teneva affatto conto di lui. I litigi erano all’ordine del giorno e presto scoprì che la moglie lo tradiva. Sentendosi maltrattato, tradito e ferito, Bernard pose fine al matrimonio, con l’amara consapevolezza che aveva nuovamente fallito in una relazione. 

L’incontro di Bernard con Claudia Rainville

Si rivolse così a Claudia Rainville, fondatrice della Metamedicina e grande esperta di psicoterapia a livello mondiale. Dall’indagine a ritroso, emerse che Bernard da bambino era stato abbandonato dalla madre, la quale aveva preso con sé la sorellina più piccola e lasciato Bernard alle cure del padre e dei nonni. Bernard era cresciuto con la convinzione di non avere avuto nessun valore per la madre, che lei non lo avesse amato, perché preferì la sua sorellina a lui. 

“Era esattamente lo scenario che riviveva nelle sue relazioni di coppia, attirando donne che gli preferivano altre persone o altre attività. La prima moglie aveva preferito i suoi genitori, la seconda le proprie attività e interessi. Bernard era in attesa che una donna lo scegliesse e gli desse importanza, ma lui stesso non si era mai scelto e non aveva mai riconosciuto la propria importanza”.
Claudia Rainville

Di certo non si intende affermare che una persona “abbia voluto” due divorzi e un tradimento, né tantomeno stiamo parlando di colpe, colpevoli o responsabilità. Il punto è: quante volte iniziamo una relazione con “la testa e il cuore colmi di speranze e aspettative non espresse”?

A conti fatti, Bernard non si era mai del tutto domandato cosa cercasse davvero in una relazione di coppia, perché desideroso di rimediare inconsciamente, attraverso la partner, al senso di abbandono e trascuratezza che lo tormentavano fin da piccolo. Anche la proposta di convivenza di Céline, che egli stesso aveva avvertito come “affrettata”, l’aveva accettata più per timore di perdere un’occasione di essere amato che per desiderio. In questo senso, Bernard era dipendente quanto lei sul piano affettivo.

Bernard era cresciuto aspettando la donna che lo avrebbe scelto, che lo avrebbe fatto sentire importante ma – per dirla con le parole della Rainville – “lui stesso non si era mai scelto e non aveva mai riconosciuto la propria importanza.”

Le sue relazioni avevano come fil rouge il senso di incomprensione e delusione, la paura di essere messo in secondo piano. In lui maturavano ogni volta dei dubbi, che sono molto comuni a chi vive una crisi nella relazione:

  • Sarà davvero la persona giusta per me?
  • Magari c’è, da qualche parte, un’altra persona più adatta a me e con la quale mi sentirei più amato/a e compreso/a?
  • E se fossi in errore?
  • E se fosse accaduto troppo in fretta?
  • Siamo davvero fatti l’uno per l’altro?
  • Mi sa che questo matrimonio è stato uno sbaglio…

Questi dubbi gli impedivano di lasciarsi andare completamente, innescando quel circolo vizioso di frustrazioni, incomprensioni e malesseri che troppo spesso causano la rottura definitiva della coppia. 

Come poteva evitare, Bernard, di ripetere lo stesso copione nella successiva relazione?

Claudia Rainville ha lavorato con lui affinché si liberasse dalla convinzione che la madre avesse preferito la sorella a lui. Questa idea, con la quale era cresciuto, non aveva fatto altro che alimentare il dolore provocatogli dal rifiuto, come anche la paura che ricapitasse. Era quindi necessario che Bernard andasse in aiuto del sé più giovane, il ragazzino impaurito che viveva dentro lui, per comprendere che la madre lo aveva amato esattamente come la sorella.

Ci spiega Rainville: 

“Questa nuova comprensione dei fatti ebbe il vantaggio di liberarlo dalla sensazione di rifiuto e dalla paura che qualcun altro potesse prendere il suo posto nel cuore della donna amata. Una volta libero da quel passato, Bernard doveva imparare a scegliersi, iniziando a concedere a se stesso l’amore e l’attenzione che si aspettava così tanto dagli altri. […]

Quando l’adulto in noi impara ad amare e a rassicurare il proprio bambino interiore, a rispondere ai suoi bisogni, questo ultimo inizia a convincersi che può essere amato. Non si comporta più come un assetato d’amore e, dunque, permette alle persone di avvicinarsi e persino di sceglierlo.

È solo quando ci siamo sentiti amati per davvero che possiamo credere di essere degni d’amore e, una volta che ci crediamo degni d’amore, allora possiamo davvero sentirci amati”.

Ecco che il verbo Scegliersi, in questo senso, assume più significati, uno più importante dell’altro. Sceglierci significa:

  • Amarci senza condizioni, concedendoci il diritto di non essere perfetti
  • Accettare che possiamo sbagliare, che è lecito ricominciare e rimetterci in discussione
  • Concedere anche a noi stessi la compassione, il perdono che ci aspettiamo e che diamo agli altri
  • Essere orgogliosi dei nostri successi e indulgenti per quelli non ancora raggiunti
  • Interrogarci su ciò che è importante per noi, ciò che ci si aspettiamo dalla vita, cercando gli obiettivi che vogliamo raggiungere, i sogni che desideriamo realizzare
  • Restare fedeli a noi stessi e a quello che sentiamo intimamente, piuttosto che rinunciare a ciò che ci è caro per paura di perdere l’amore dell’altra persona.

 

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