A cura di Life Strategies
A volte ci svegliamo e veniamo colti da una sensazione straniante: ci sembra di vivere dentro un copione già scritto. Ogni mattina suona la sveglia, sempre alla stessa ora. Un caffè al volo, la corsa per arrivare puntuali, le stesse strade, le stesse facce, gli stessi gesti ripetuti all’infinito, per svolgere il nostro lavoro o assolvere a tutti gli altri impegni personali, e arrivare alla fine di una giornata che, molto probabilmente, si ripeterà uguale il giorno successivo.
La routine quotidiana ci promette stabilità, ma spesso ci incatena a un meccanismo che spegne lentamente la nostra creatività e il senso di novità. Invece di rassicurarci, finisce per ingabbiarci in una confortante monotonia che ci fa dimenticare chi siamo e cosa desideriamo davvero.
Può persino farci sentire disconnessi e apatici, ma comunque pronti a soddisfare aspettative che non ci appartengono e compiti che non ci appagano davvero.
È in quei momenti che ci chiediamo: “è davvero questo ciò che mi piace?” E subito dopo, la risposta si perde in un rumore di fondo fatto di “devo”, “non posso”, “bisogna”.
Trascuriamo troppo spesso un verbo fondamentale, tanto semplice quanto rivoluzionario: piacere.
Secondo Igor Sibaldi, i verbi “potere”, “dovere” e “bisogna” sono i tre grandi nemici del desiderio autentico. Sono verbi che usiamo ogni giorno, spesso senza accorgercene. Eppure, influiscono profondamente sul modo in cui pensiamo, scegliamo e perfino sogniamo.
I verbi che ci tengono lontani da noi stessi
- Dovere: quando l’obbedienza soffoca il nostro bisogno di libertà
Il verbo dovere ha due volti: da un lato esprime un’urgenza personale (“Devo cambiare qualcosa nella mia vita”), dall’altro ci lega a un ordine esterno (“Devo fare ciò che ci si aspetta da me”). Quante volte il nostro vero “dovere” – quello che nasce da un bisogno dell’anima – è stato messo da parte per assecondare un dovere imposto? Spesso non ce ne accorgiamo nemmeno. Ma dentro di noi, qualcosa si spegne. - Potere: quando ci convinciamo di poter fare solo ciò che ci è stato concesso
In molte lingue, potere distingue tra capacità (can) e permesso (may). In italiano, invece, tutto si mescola. Così iniziamo a credere che possiamo fare solo ciò che ci è stato permesso. E se invece potessimo fare molto di più? Se avessimo dimenticato di cosa siamo capaci davvero solo perché nessuno ce l’ha mai concesso? - Bisogna: il verbo senza volto che ci mette in fila
“Bisogna lavorare duro”, “bisogna accontentarsi”, “bisogna crescere”…. “Bisogna” è il verbo più subdolo, perché è impersonale. Non ha un soggetto. Non lascia spazio alla domanda: “È vero per me?”. E allora finiamo per adeguarci. Ci uniformiamo. E smettiamo di ascoltarci.
Tornare al nostro mi piace è un atto di libertà
Ricordarci cosa ci piace davvero può spaventare. Ci chiede di fermarci, ascoltarci e magari cambiare rotta. Ma è anche il gesto più coraggioso e necessario per ritrovare una vita che sentiamo nostra. Spesso, infatti, siamo stati educati a ragionare prima di sentire, a obbedire prima di desiderare. E va bene così: in certi momenti è servito, ci ha protetti, ci ha fatti persino crescere.
Questo, però, non deve impedirci di aggiungere sempre qualcosa a ciò che vogliamo o sentiamo, imparando a riconoscere e a valorizzare ciò che ci muove davvero.
E non perché è qualcun altro a chiedercelo, ma perché siamo noi a volerlo.
Insieme ad Igor Sibaldi, nei prossimi corsi di Life Strategies, scopriremo come liberarci da quei condizionamenti limitanti che ci impediscono di realizzarci pienamente. Impareremo a capire cosa si nasconde dietro il termine “Destino” e cosa c’è oltre quell’orizzonte che ci sembra ristretto ad una serie di possibilità predeterminate.