La difficile e bellissima arte del saper ascoltare

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Saper ascoltare: la comunicazione non è mai a senso unico

Quando si pensa alla comunicazione, molti la immaginano come un’azione rivolta perlopiù all’esterno, collegata ad azioni come parlare, scrivere ed esprimere concetti con la musica o con le immagini. Non dimentichiamo, tuttavia, che chi produce e chi riceve il messaggio hanno ruoli ugualmente importanti, confermando il fatto che la comunicazione non è mai a senso unico.

Tutti ne abbiamo prova anche nella quotidianità: a chi non è capitato di svolgere un lavoro concordato con un cliente o con i propri collaboratori, per poi ricevere lamentele perché non rispondeva a quanto richiesto? Oppure quante volte ci siamo ritrovati a discutere con il partner perché le nostre parole erano state mal interpretate, cercando di spiegarci meglio per farci capire? E infine, chi può dire di non essersi mai sentito incompreso quando, confidando a un amico un motivo di preoccupazione, le sue reazioni sono state considerate esagerate?

Ognuna di queste situazioni è spesso conseguenza di una comunicazione inefficace, dovuta alla mancanza di ascolto. Come disse Carl Ransom Rogers:

“l’incapacità dell’uomo di comunicare è il risultato della sua incapacità di ascoltare davvero ciò che viene detto.”

Ascolto passivo e ascolto attivo

Il fatto che comunicare con gli altri sia per noi un atto assolutamente spontaneo potrebbe farci pensare che anche saper ascoltare sia altrettanto spontaneo. In realtà, l’ascolto è un’attività complessa, tanto quanto saper creare la giusta sintonia con qualcuno.

È vero che ognuno di noi ascolta in maniera inconsapevole, ma questo tipo di ascolto, definito passivo, non aiuta a stabilire un contatto con chi abbiamo davanti. Pensate a quando lavoriamo con la radio accesa o leggiamo un libro davanti alla tv: percepiamo i suoni ma non prestiamo loro alcuna attenzione e non raccogliamo nessuna informazione. Più che ascoltare stiamo sentendo, secondo un utilizzo automatico di uno dei nostri cinque sensi, senza concentrazione.

L’ascolto passivo, anziché rafforzare la relazione tra le persone, è spesso causa di incomprensioni perché alza un vero e proprio muro tra i soggetti coinvolti nella comunicazione: chi ha l’impressione di non essere ascoltato si sente rifiutato e la sua prima reazione è quella di allontanarsi dalla persona che ha provocato questa sensazione.

I principali segnali di un ascolto passivo

I principali segnali di un ascolto passivo sono:

  • Sguardo sfuggente
  • Domande incalzanti sull’argomento della conversazione per arrivare velocemente al nocciolo della questione
  • Svolgimento di altre azioni (ad esempio usare il cellulare, sfogliare il giornale, fare zapping in televisione o muovere il mouse se si è in videochiamata)
  • Fretta nell’offrire soluzioni e opinioni personali per chiudere la discussione prima possibile
  • Giudizi dati solo sulla base delle proprie esperienze, senza tenere conto di ciò che l’altro sta dicendo.

Può sembrare che la comunicazione virtuale, alla quale siamo fin troppo abituati in questo periodo, possa aver aumentato ed esasperato questi segnali. In realtà, ci sono da sempre. Ma, fissi su uno schermo, li notiamo maggiormente.

L’ascolto che rende possibile la comunicazione, al contrario, detto anche ascolto attivo, coinvolge una serie di abilità tutt’altro che automatiche e dà luogo ad atteggiamenti che hanno lo scopo di creare empatia con la persona che ci sta parlando.

Infatti, l’ascolto attivo va ben oltre il semplice ascoltare in silenzio: richiede non solo la profonda comprensione di ciò che l’altro sta dicendo, ma anche la riformulazione di ciò che esprime allo scopo di allinearsi sulla sua stessa lunghezza d’onda, interpretarne i segnali non verbali, percepirne le emozioni e trasmettergli vicinanza, contribuendo pienamente ad ogni momento della comunicazione.

Sviluppare l’ascolto attivo e migliorare i rapporti con gli altri attraverso il Dialogo Strategico

“Qui non c’è nessuno che mi ascolta!”

Quante volte abbiamo detto (o pensato) questa frase, a lavoro o in famiglia, con il partner o tra amici? Le abilità tipiche dell’ascolto attivo, capaci di rendere più efficace il nostro modo di comunicare e di migliorare le relazioni quotidiane, sono indispensabili nella vita di tutti i giorni, ma pochi sono in grado di utilizzarle.

Giorgio Nardone, considerato uno dei maggiori esponenti della Scuola di Palo Alto, in decenni di studio e ricerca sul campo ha ideato una serie di tecniche avanzate, la cui applicazione permette di sviluppare a pieno sia le nostre capacità di comunicazione, sia quelle di ascolto: il dialogo strategico.

Queste tecniche si rivelano fondamentali in ognuna delle fasi dell’ascolto attivo, consentendo a ciascuno di noi di entrare subito in sintonia con chi abbiamo davanti e di facilitare la collaborazione reciproca in ogni ambito del quotidiano.

1 – Comprensione del messaggio

In questa fase dobbiamo assicurarci di capire fino in fondo ciò che la persona sta dicendo. Ascoltare in silenzio non è sufficiente: dobbiamo contrastare la naturale tendenza a interpretare le sue parole secondo le nostre esperienze personali, i nostri giudizi e la nostra scala di valori. Per fare ciò, assicuriamoci di porre domande aperte, cioè domande che prevedono una risposta diversa da un semplice sì o no, in modo da approfondire l’argomento e affrontarne aspetti che, senza le nostre domande, rimarrebbero oscuri.

Inoltre, quando ci accorgiamo che alcuni questioni sono confuse, possiamo usare le domande a illusione di alternative, che offrono due possibili soluzioni che aiuteranno l’altro a proseguire nei propri ragionamenti in modo più chiaro. Ad esempio, possiamo chiedere: “Pensi che sarebbe meglio fare così… o in quest’altro modo…?”, oppure: “Cambierebbe qualcosa se invece di dire questo… dicessi questo…?”.

2 – Entrare in sintonia

Tutti sappiamo che bisogna prestare attenzione più a ciò che non si dice che alle parole. Gestualità, postura, toni di voce, ritmo del discorso sono segnali importanti delle emozioni e dello stato d’animo di chi abbiamo davanti, perciò è fondamentale saperli interpretare e usare in modo da stabilire la giusta connessione emotiva e agevolare la comunicazione. In particolare, è bene mantenere il contatto visivo, facendo attenzione a non mettere l’altro in imbarazzo fissandolo in modo troppo insistente, e assumere una posizione che rifletta quella dell’interlocutore per metterlo il più possibile a suo agio.

3 – Manifestare interesse senza giudicare

Quando qualcuno ci confida un problema o ci chiede un consiglio, la tentazione maggiore a cui dobbiamo resistere è quella di fornire soluzioni o valutazioni personali su quanto ci è stato detto. La cosa migliore da fare, in questi casi, è riformulare le frasi dell’altro attraverso delle parafrasi ristrutturanti come: “Mi sembra di capire che…”, “Quindi da quello che dici deduco che…”. Procedere di tanto in tanto a questo tipo di verifica permette sia di evitare incomprensioni, sia di trasmettere all’altro il proprio sincero interesse.

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