La comunicazione empatica che migliora le relazioni

grandi comunicatori che ho conosciuto hanno tutti una caratteristica in comune: sanno far mutare lo stato emozionale del proprio interlocutore più volte durante i loro interventi.
In un discorso che può durare anche pochi minuti, riescono a portare l’audience in un viaggio emozionale, coerente con il contenuto dell’esposizione. Entrano in empatia con i temi e con il pubblico, ma soprattutto esorcizzano l’elemento noia con un saliscendi emozionale che tiene le persone incollate alla sedia. Più sono bravi, più queste emozioni in cui surfano sono sentite e profonde. L’opposto è la monotonia, quando cioè si trattano ancora e ancora le stesse cose, coinvolgendo una sola emozione. L’amico Ciro Imparato usava molto efficacemente i colori della voce per aumentare la coerenza espositiva, definendo chi non usa tono, timbro e ritmo un daltonico vocale.

Per uscire dal tecnicismo, che si nota in chi usa le tecniche ma non entra nel “sentire”, occorre provare, vivere e capire le emozioni che vengono trasmesse con maggior forza.

Se la voce ha solo un colore, qualunque esso sia, diventa monotona e quindi annoia. Viceversa, alternare i colori nella giusta sequenza, ci permette di dipingere il discorso ottimale: emozionante e carismatico. Si dice, infatti:

“Ti dimenticherai probabilmente ciò che dico, potrai dimenticarti ciò che faccio, ma non ti dimenticherai mai come ti faccio sentire”

Sappiamo bene che, in questa nuova era della comunicazione, è l’emozione che domina. Non è più la mente che parla, ma il cuore. E il cuore ha un potere comunicativo mille volte superiore. Il mio consiglio è di vivere le emozioni, senza giudicarle troppo presto. Ciascuna di queste ha una funzione e riuscire a provare ciò che prova l’altro significa entrare in empatia con lui. Un buon comunicatore sa captare lo stato d’animo del suo pubblico e si collega con esso, per poi portarlo in un viaggio ricco di colori.

Nella PNL hanno definito questo processo come “ricalco e guida“. Nel ricalco mi collego allo stato d’animo dell’altro e lo sento. Una volta agganciato, posso guidarlo in altre esperienze emozionali. Al di là degli scimmiottamenti quasi grotteschi che si vedono in giro, e che si basano solo sul copiare i movimenti dell’altro, un buon ricalco si ottiene quando si instaura un collegamento empatico, che apre la porta di una buona comunicazione e di un buon dialogo. Lo specchiare i movimenti diventa così automatico e non è più sgradevole.

 “Se più persone imparassero ad entrare in empatia con il proprio interlocutore, con integrità emozionale, ci sarebbero molti meno scontri”

inside out
Immagine del film Inside Out, ealizzato dai Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures. Immagine tratta da https://www.pixar.com/

Così facendo, si entrerebbe subito in connessione con il vero tema, con ciò che è vero. Il cuore ha informazioni dirette, il cervello le riceve in seconda battuta. Di solito il cuore non viene coinvolto nel suo potenziale, perché c’è molta paura di provare emozioni. Il dolore e la sofferenza pregressi erigono un muro di insensibilità e chi vive con questo muro alzato non è più capace di trasmettere emozioni, perché non ne prova. Chi ha invece un’intelligenza emotiva molto sviluppata ha a sua disposizione un mondo molto più vasto in cui sperimentare la vita e può scendere in contatto con tutto il meraviglioso mare emozionale che ha dentro con lucidità e pulizia. Quello che è molto importante è riuscire a stare connessi, anche se per pochi secondi, all’emozione. Gli indiani d’America dicono infatti:

“Prima di giudicare una persona cammina nei suoi mocassini per tre lune”

Tenere aperto il canale emozionale aiuta a capire l’altro. C’è ascolto, anche mentre si parla. All’inizio può sembrare faticoso, ma i risultati che si possono ottenere sono un premio assai più gratificante del prezzo da pagare.

Foto tratte da google immagini e http://film.disney.it/inside-out.

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