Impara a credere in te stesso e realizza il tuo sogno

“Non lasciatevi vivere, ma prendete nelle mani la vostra vita e vogliate decidere di farne un autentico e personale capolavoro”.

                                                                                                                      Giovanni Paolo II

 

Prima o poi arriva quel momento in cui certe domande fanno capolinea nella nostra vita. Rispondere ad ognuna di esse è un compito non sempre facile. Mette in campo tutta la nostra onestà intellettuale, la capacità di accettare chi siamo al momento in cui lo chiediamo e la disponibilità ad accogliere la verità, in qualunque modo si rappresenti e riveli.

Le domande hanno il potere di cambiare il nostro destino, se sono quelle giuste. Il porsele aiuta la mente creativa ad immaginare nuovi percorsi per la propria vita e quasi sempre a riflettere su ciò che conta davvero. Tra i quesiti che hanno il merito di farci evolvere ce n’è uno per il quale non sempre abbiamo una risposta: qual è il senso della mia/nostra vita?

I meno coraggiosi evitano ogni genere di richiamo esistenziale e abdicano al tempo, ai doveri, alle tante cose da fare ogni giorno, per giustificare la non disponibilità a ragionare su sé stessi. Del resto pensare a quale sia il senso della propria vita e non avere la risposta a portata di mano è un fatto comune. A qualunque età capita di chiedersi se si stia andando nella direzione giusta o di sentirsi confusi al cospetto di una decisione da prendere. Certi dialoghi interiori non si possono rimandare. Se non ci affrettiamo a cercare le risposte per la nostra vita, arriva sempre quel momento, prima o poi, in cui sono loro a cercare noi e allora rimane poco margine per incidere sul nostro destino.

Con la maturità degli anni alcune domande si fanno avanti prepotenti. Anche se vorresti non tenerle in conto, ti entrano dentro e ti danno il tormento, fino a quando non sei costretto/a a fermarti per trovare una risposta.

“Un uomo si misura da due cose: dalla sua vita e dalla sua morte”, scrive Dan Millman ne “I viaggi di Socrate”.

Il valore di una vita lo comprendi quando, guardandola all’indietro, nel suo complesso, unisci i puntini e comprendi che non hai né rimpianti, né rimorsi. Il valore di una morte è dato dal come si è vissuto ed in nome di che cosa. Pare che i momenti che contano, quelli in grado di avere un impatto straordinario sulla nostra esistenza, siano legati da un filo indissolubile. Se fatti di verità, spalancano le porte del nostro cuore e lo rendono capace di cose straordinarie. Avere un obiettivo chiaro aiuta a non perdere la rotta quando la nave è in mezzo al mare e soprattutto ad avere una vita piena ed entusiasmante.

Nel 2006 ho avuto il privilegio di incontrare un uomo davvero felice. Un uomo semplice, dall’aspetto minuto, che ha saputo trovare nella forza di certe scelte il senso della propria esistenza.

Padre Pietro Lavini e Sara Pagnanelli

Si tratta di Padre Pietro Lavini, il frate cappuccino, anche detto “muratore di Dio” (così lo definì un articolo pubblicato su “Famiglia Cristiana” molti anni fa), la cui vita fu interamente dedicata alla ricostruzione dell’antico monastero di San Leonardo, situato nel cuore delle Gole dell’Infernaccio, sui Monti Sibillini.

Padre Pietro Lavini – Fonte foto: Il Resto del Carlino

Detta così, sembrerebbe un’impresa di poco conto, ma se conosceste la storia di Padre Pietro e la sua infaticabile voglia di lavorare e lottare contro le avversità, capireste il valore del suo carisma e il grande messaggio che ha lasciato.

‘Mi sono convinto’, scrisse ormai in là con gli anni, ‘che per essere felici occorre inventare una favola, una leggenda’ e lui, in effetti, quella favola l’ha creata davvero, coltivando un sogno e impegnandosi duramente per realizzarlo.

È impossibile elencare in questo breve articolo tutti i disagi che hanno fatto da sfondo ai quarant’anni dedicati alla ricostruzione di San Leonardo: Padre Pietro ha dovuto dapprima lottare contro chi non credeva in lui, poi contro le incomprensioni dei monaci cappuccini, infine con le oggettive difficoltà della ricostruzione, avvenuta in totale solitudine, sacrificio dopo sacrificio, pietra su pietra.

Nel 1965, spinto da quella che definì “una forza misteriosa”, si incamminò verso i monti e vi scoprì il piccolo pianoro di “San Leonardo”, con solo pochi ruderi ricoperti di rovi e ortiche, a ricordare quello che, in epoche differenti e passate, era stato luogo di preghiera e pellegrinaggio. Fu una folgorazione! Un immediato riconoscersi in quella che solo più tardi si affrettò a definire “la chiamata del Signore”.

Nel maggio 1971, dopo aver ricevuto in dono il rudere dai figli del senatore Albertini (che intestò al monastero di Santa Vittoria in Matenano), l’umile frate cappuccino si avventurò su, per le montagne, e diede il via ad un’impresa umanamente impossibile: ricostruire, tutto da solo, il monastero e riportarlo ad essere quel luogo di culto che era stato secoli prima.

Vestito solo del suo saio, con in tasca un crocifisso, Padre Pietro si immerse con coraggio nel progetto che lo avrebbe impegnato fino alla fine dei suoi giorni e riuscì in quella che può essere definita un’opera titanica.

Seguendo le orme di San Francesco e rispondendo all’esortazione ‘va’, ripara la mia casa, che come vedi è tutta in rovina’, l’umile cappuccino diede vita all’opera di riedificazione, circondato da tanto scetticismo, ma sostenuto da un’incrollabile fede, la stessa che non dovrebbe mai abbandonare ognuno di noi.

Padre Pietro, il ‘muratore di Dio’. Foto dal Libro ‘Lassù sui monti’

E non importa se si tratta della fede in un Dio o in quella verso qualcosa che amiamo: credere fortemente in un progetto, desiderare che si realizzi a qualunque costo, agire perché diventi realtà, è il primo ed essenziale passo verso la felicità a cui aspiriamo. 

Per veder realizzati i sogni occorre impegno, dedizione, amore.

La felicità sta nel duro lavoro quotidiano, che è anche il viaggio per arrivare alla méta. La maggior parte delle persone immagina la felicità come un bene tangibile, un obiettivo raggiunto, un traguardo concreto. In verità, essa si sostanzia delle azioni che compiamo per approdare ad una destinazione.

Padre Pietro ha realizzato sé stesso nel progetto di riedificare il monastero di San Leonardo. Ha percorso centinaia di volte al giorno la strada che da valle giunge al pianoro, situato a 1128 metri, portando sulle spalle pietre, cemento e qualunque altra suppellettile servisse al lavoro che da solo svolgeva ogni giorno, in ogni stagione dell’anno. Senz’acqua e senza cibo, talvolta mangiando un pezzo di pane muffito, questo piccolo grande uomo ha compiuto il suo capolavoro.

Non aveva un carattere malleabile. Forse anche per questo venne definito dai più “l’eremita di San Leonardo”. La sua scelta di vita, il cammino percorso e i giorni trascorsi in totale solitudine su quella montagna, furono da alcuni ritenuti un atto di superbia, da altri una vera e propria follia.

Fasi di ricostruzione dell’Eremo di San Leonardo. Foto di Don Ubaldo Paciaroni

In realtà, nei quarant’anni trascorsi a San Leonardo, Padre Pietro, che amava contemplare in silenzio e meditazione la sua montagna, ebbe modo di farsi tanti amici. Persone che, quando si sparse la voce della sua presenza, andarono a trovarlo, spinte, in qualche caso, dalla semplice curiosità. Alcuni di essi lo amarono come un padre e, quando poterono, ottenuto il suo assenso, gli diedero una mano a realizzare piccoli lavori di supporto.

Ciò significa che essere solitari, come ho già scritto in un precedente articolo, non vuol dire essere soli, ma semplicemente riuscire a godere della propria compagnia. Solo chi sa trovare una ragione per essere felice in solitudine trova persone con le quali stabilire relazioni sane. E, quando ciò avviene, stare con gli altri è una scelta, non una soluzione per colmare il vuoto dell’esistenza.

Penso spesso a Padre Pietro da quando lavoro in Life Strategies. Conoscerlo è stato un privilegio e sedere alla sua mensa un dono del quale sarò sempre grata.

Padre Pietro Lavini e Sara Pagnanelli

Lottando contro ogni speranza, ha restituito alla sua montagna uno dei monumenti più antichi e più belli del passato.

“Devo riconoscere che la mia favola si è costruita su una solida base”, ha scritto, “una riflessione sul vero senso del lavoro, che consideriamo il più delle volte un peso, una condanna, perdendo così la sua etica. Oggi è difficile”, ha lasciato detto ad un giornalista che lo ha intervistato pochi mesi prima di morire, “riuscire a provare il gusto del lavoro, che lo renderebbe meno pesante, più efficace, più lieto. E invece la gioia è il primo elemento di ogni costruzione. Quel che ci rende felici in ciò che facciamo è amare ciò che si fa”.

La crescita personale è una scelta di vita. Chi la compie seriamente sa che comporta un duro lavoro su sé stessi. Lo dico spesso a chi frequenta i nostri corsi, a quelli che ci scrivono su facebook per commentare, a volte in modo polemico, i nostri post, a quelli che ci considerano una macchina per fare soldi.

Se non sei disposto a cambiare, perché dici che il cambiamento non esiste?

“Se è vero che ogni nuovo inizio nasce povero, anche la mia iniziativa doveva percorrere la stessa strada: una strada fatta tutta di sacrifici, rinunce, privazioni, lotte, rischi e anche incomprensioni da parte di persone che cercano sempre di ostacolare il nostro cammino”, diceva Padre Pietro. La felicità comporta anche questo, saper rinunciare a quello che ci ha trattenuto nella condizione che vogliamo cambiare, privarsi degli agi, lottare con lo status quo, reagire in modo proattivo nei confronti della vita.

Mi manca Padre Pietro. Oggi più che mai.

Il dono prezioso di Padre Pietro Lavini a Sara Pagnanelli

Vorrei dirgli che quando ho letto i libri che Dan Millman ha scritto e conosciuto la sua storia di vita, ho pensato alle tante analogie che ci fossero con la sua.

Di certo potrei dirgli che mi rende felice aiutare le persone a trovare la forza per cambiare la propria vita. Che la strada, quella di Life Strategies e la mia, è in salita, ma il carico e le responsabilità che comporta non mi spaventano in alcun modo, perché, come lui mi ha insegnato, “il mondo può essere salvato dall’amore” ed è proprio con amore che mi rivolgo ogni giorno a chi ci segue, ricordandogli che la felicità è possibile, se la si vuole davvero.

“Sono le tue azioni che determineranno il tuo futuro, in meglio o in peggio”, dice Padre Serafim a Socrate nel libro che Dan Millman ha scritto nel 2006 per raccontare la storia del suo maestro, “è il potere del libero arbitrio”, si affretta a chiarire.

Ogni dono è accompagnato dalla responsabilità di prendere in mano la propria vita. Allora cosa stai aspettando?

Tutte le vie sono buone, purché conducano ad un’esistenza più elevata.

“Vai al di là delle parole, scendi nel cuore che sa tutto”, direbbe Dan Millman. Non sei venuto al mondo per credere a chi ti vorrebbe sempre fermo nella tua condizione di partenza. “Sei qui per credere in te, per seguire la tua via”, per essere felice e soddisfatto della tua esistenza.

Comincia dal lavorare su te stesso! Dal decidere di seguire un corso, piuttosto che leggere un libro e lasciati ispirare da chi è riuscito ad aiutare milioni di persone, in tutto il mondo, a realizzare i propri sogni.

“Ho sempre creduto che nessuno di noi possa stabilire se la nostra presenza sia più utile in un posto piuttosto che in un altro, anche perché il nostro giudizio è sempre legato a qualche interesse. Spesso il nostro sguardo non riesce a vedere oltre i confini del nostro piccolo orizzonte. In quel momento, comunque, il mio sguardo era orientato verso la montagna”.
Padre Pietro Lavini

(Pochi mesi prima di morire, Padre Pietro vide realizzato il sogno di apporre, alla sua opera muraria, l’antico campanile. Oggi San Leonardo è mèta di pellegrini e centro di spiritualità internazionale).

Padre Lavini – L’Eremo di San Leonardo

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