Le 4 domande per far succedere ciò che vuoi

Ci auguriamo buon compleanno sui social network, ci teniamo in contatto tramite mail e messaggi scritti dallo smartphone, prenotiamo hotel e ristoranti tramite app e acquistiamo i regali online: ormai ogni più piccola azione quotidiana ci vede connessi 24 ore su 24.

L’avvento di internet ha rivoluzionato prima il nostro modo di lavorare e poi il nostro stile di vita, influenzando tanto le nostre abitudini, quanto le nostre relazioni interpersonali. Oggi possiamo sapere cosa fanno, dove vanno e chi frequentano anche persone che conosciamo solo di sfuggita, oppure contattare direttamente personaggi con cui, fino a qualche decennio fa, non avremmo mai potuto interagire così facilmente. Pensiamo, ad esempio, alle grandi star di Hollywood o ai rappresentanti delle nostre istituzioni.

La socializzazione è uno dei pilastri alla base delle dinamiche virtuali, con effetti che si ripercuotono nel mondo reale: più amici o follower hai, più successo riscuoti. In questa logica, la solitudine diventa uno spauracchio da cui fuggire, una sorta di pericolo per la propria immagine sociale, ovvero l’immagine positiva di sé che ognuno mostra agli altri per avere approvazione (concetto introdotto dal sociologo Ervin Goffman). Ma siamo sicuri che la solitudine sia così negativa?

 

I benefici della solitudine e del silenzio mentale

Secondo uno studio dell’Università di Rochester, la solitudine aiuta il nostro benessere. Quando scegliamo di trascorrere del tempo da soli scarichiamo lo stress accumulato nella giornata, ci sentiamo meno agitati e nervosi, ci rilassiamo e proviamo una sensazione di pace interiore. Al contrario, stare tra la folla e sostenere una conversazione ci trasmette una certa tensione, rendendoci più ansiosi.

Nello studio si distingue la solitudine volontaria dall’isolamento sociale: se ritagliarsi volontariamente 15 minuti di solitudine al giorno aiuta a stare meglio, l’isolamento sociale ha effetti negativi.

Oltre a farci sentire bene, la solitudine ha un altro risvolto positivo: quello di favorire il silenzio mentale, ovvero quello stato in cui il continuo e confuso fluire dei pensieri si placa, permettendoci finalmente di intuire e fare esperienza concreta di noi stessi, delle nostre emozioni e dei nostri veri bisogni. Ecco perché lo scrittore e ricercatore Daniel Lumera, riferimento a livello internazionale nelle scienze del benessere e negli studi sulla consapevolezza, considera il silenzio mentale uno dei fondamenti dell’arte di far succedere le cose.

silenzio e solitudine

 

L’arte di far succedere le cose

Le ricerche svolte da Lumera mostrano che esistono due tipologie di individui: gli esterni e gli interni.

Gli esterni tendono a rintracciare le cause di tutto ciò che capita loro nelle circostanze esterne: la crisi economica, le coincidenze sfortunate, gli incontri casuali. Non sentono di avere il controllo su ciò che avviene nella loro vita e cercano di adattarsi alle varie situazioni che si trovano davanti. Per loro il destino è un elemento su cui non possono in alcun modo intervenire.

Gli interni si considerano gli unici responsabili della propria vita e pensano che tutto ciò di cui hanno bisogno per cambiarla sia già tra le loro mani. Non delegano il compito di trasformare la loro quotidianità ad altri, bensì decidono e agiscono consapevoli di sé e di ciò che vogliono far succedere. Per loro il destino può essere disegnato e determinato attimo dopo attimo.

Prendere coscienza dei collegamenti causali tra gli eventi della nostra vita e di ciò che pensiamo di noi stessi, degli altri e del mondo intorno a noi è la chiave per diventare autori del proprio destino e maestri nell’arte di far succedere le cose.

Lumera spiega che non si tratta semplicemente di una specie di “pensiero positivo”, bensì di una vera e propria esperienza di riscoperta di sé ad ogni livello: da quello mentale a quello energetico, da quello percettivo a quello spirituale. Lo scopo? Diventare consapevoli dei codici inconsci che regolano ogni momento della nostra vita, così da interpretarli e trasformarli come desideriamo: solo così potremo far succedere concretamente ciò a cui aspiriamo e realizzarci a pieno.

Far succedere le cose in 4 domande

Nel corso dei suoi studi, oltre ad aver individuato diversi tipi di codice, Daniel Lumera ha definito i passaggi necessari per decodificare e ricodificare se stessi. Tra questi passaggi vi sono 4 domande fondamentali che, se applicate correttamente, sono in grado di cambiare la nostra vita.

1. Mi allontana dal tempo presente?

Sembra incredibile, ma vivere nel presente è una delle cose più difficili. Per gran parte del tempo, la nostra mente viaggia tra i ricordi del passato e le ambizioni per il futuro, dimenticando che è solo nel presente che possiamo agire per superare ciò che è stato e realizzare ciò che vogliamo accada. In questo video, Daniel Lumera ci aiuta a comprendere cosa significa vivere a pieno il presente:

 

2. Diminuisce il mio potere personale?

Con il termine “potere personale”, Daniel Lumera intende la nostra capacità di far succedere ciò che è in sintonia con i nostri autentici desideri e con le nostre reali esigenze.

Il nostro potere personale diminuisce ogni volta che permettiamo ad altri di decidere per noi, quando ci lamentiamo della sorte avversa, quando screditiamo qualcuno per riscuotere approvazione. Al contrario, se vogliamo aumentare il nostro potere personale, dobbiamo imparare ad ascoltarci senza pregiudizi, accettarci per come siamo e rispettare sia noi stessi, sia gli altri. In questo modo diventeremo più sicuri di noi e saremo pronti ad assumerci la responsabilità di ogni nostra azione.

3. Aumenta la mia consapevolezza?

Qualcuno pensa che consapevolezza sia sinonimo di conoscenza. In realtà, per essere consapevoli non basta conoscere: un conto è sapere cosa significa amore, tristezza, compassione, un conto esserne consapevoli, cioè averne avuto esperienza diretta e aver provato sulla propria pelle certe emozioni. Ecco perché per essere consapevoli è necessario saper vivere pienamente il presente ed essere presenti in ogni attimo della propria vita.

4. Diminuisce la mia responsabilità personale?

Essere gli unici responsabili di ciò che ci succede può spaventare a volte, eppure solo così potremo intervenire concretamente nella nostra vita per trasformarla in ciò che desideriamo. Chi è consapevole della propria responsabilità personale e del legame causale tra ciò che accade e le sue azioni, sa bene che non esistono errori da evitare, ma solo lezioni da imparare.

Queste domande sono adatte ad ogni circostanza della nostra quotidianità: possono aiutarci quando dobbiamo prendere un’importante decisione professionale, quando ci troviamo all’inizio di una nuova relazione, se attraversiamo una crisi professionale o, più semplicemente, per verificare periodicamente il nostro stato di benessere.

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