I segni sono sintomi, oppure è vero il contrario? Te lo rivela Igor Sibaldi

A me sì, è capitato. Poi non so a voi.

Mi spiego: di alzarmi un giorno e di notare come ad un certo punto, uno dei tanti rituali che normalmente compio durante la giornata non sia quello che esattamente mi aspetto, ma qualcosa di differente, di anomalo. Di notare, ad esempio, come la mia giacca preferita, quella un po’ sgualcita sui gomiti, non mi stia indosso più come prima. Mi tira alla schiena e le maniche mi sembrano corte. Ecco, mi capita a volte di alzarmi e notare che le mie certezze presentino un cambiamento o peggio una stortura.

Ora non è che mi cambi l’umore il sapere che la mia vecchia giacca sia diventata ancor più vecchia, o che il caffè la mattina non abbia lo stesso sapore, chissà che ci mettono nell’acqua mi dico. Questo non è davvero un problema. I guai arrivano quando queste percezioni distorte involvono cose un po’ più rilevanti, cose come le mie idee su giustizia, morale e amore. Su diritti e doveri. Sulla spiritualità e sul sesso. Insomma, quando mi sveglio con le idee scombussolate riguardo alla vita. E il fatto strano, è che con buonissime probabilità, il giorno che il caffè mi sembra più amaro del solito è anche il giorno in cui penso di non aver capito niente di uno dei tanti argomenti sui quali fino a poco prima dispensavo agevolmente pareri con i miei commensali o con chicchessia.

I segni sono sintomi?

Al punto che mi porgo la domanda: i segni sono sintomi? E cioè: è colpa del caffè se oggi penso che la politica in Italia non funzioni, che ci sia bisogno di un nuovo tipo di premura nei confronti dell’ambiente, che la nostra morale non basti a migliorare il mondo? Sarebbe difficile però incolpare il caffè, non se lo merita dopotutto. Ma se y non è funzione di x allora può darsi che x sia funzione di y. Per cui sarebbe la mia sfiducia nell’attuale stato politico italiano a farmi percepire il caffè come amaro.

C’è un ultimo punto da chiarire però. Io prima bevo il caffè e poi penso. Se non bevessi il caffè non potrei pensare perché con buona probabilità mi sarei rimesso a dormire. Ma allora com’è possibile che le mie idee mi facciano restringere la giacca o mi guastino il caffè se ancora non le ho pensate?

Da dove vengono le mie idee?

Così pure: da dove vengono quelle di tutti? Ora la risposta non è cosa semplice, storicamente ci hanno provato in molti. Platone e la caverna, Cartesio e i suoi dubbi e così via. E sono tutte buone idee le loro. Ma può un’idea spiegare cosa sia un’idea?

A dirla tutta c’è un’altra ancora più vecchia di Platone, ed è questa: cantami o musa.

Cosa sta facendo Omero? Dove sta procacciando le idee? Omero a quanto lui stesso afferma, sta attingendo ad un’altra dimensione, quella delle nove muse. Ora l’aedo, per attingere a questa nuova dimensione usa l’immaginazione. Anzi l’Immaginazione. Questa nostra facoltà spesso confusa con la fantasia e con la creatività, sembrerebbe in realtà tutt’altro. Come sapientemente esplicato da Igor Sibaldi l’immaginazione non è una qualsiasi facoltà umana, ma è la capacità principe della nostra psiche. La capacità tramite la quale possiamo credere che il caffè sia più o meno buono, pur avendolo bevuto nel solito bar con la solita barista.

Come possiamo sviluppare l’immaginazione?

Come possiamo riuscire ad arrivare dove finora non siamo arrivati? A vivere quello che non abbiamo finora vissuto? Perché di questo si tratta: rendere i segni, sintomi di un malessere e fare di tutto per mutare quel malessere in benessere. I problemi sono positivi, ci permettono di progredire, di migliorare. Se l’uomo non avesse avuto problemi non sarebbe quello che è oggi. La parte delicata qui è quindi trovare un giusto approccio ai problemi, non vederli soltanto come ostacoli ma riuscire ad IMMAGINARE vie nuove per superarli. Questo processo può essere pericoloso, proprio come per Vitangelo Moscarda, protagonista di ‘’Uno, nessuno, centomila’’ che spinto dalla moglie ad una riflessione cui forse non era pronto, finisce per non riuscire a gestire le conseguenze del cambio di paradigma nei suoi pensieri. Per abbattere i muri, per gettare ponti, ci vuole perizia, e allenamento. Il nostro pensiero va allenato tanto quanto il nostro corpo. E proprio come il nostro corpo, per farlo al meglio, è necessaria l’attenzione di un personal trainer che ci segua.

Igor terrà diversi corsi con noi, live e in streaming. Se sei interessato a saperne di più e a conoscere le modalità di partecipazione, clicca qui!

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IGOR SIBALDI
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